domenica 30 gennaio 2022

9° Faro-Blu d'Oro - Il meglio del 2021

 

Siamo giunti alla nona edizione del Premio Faro-Blu d'Oro, con cui si vanno a premiare le locandine migliori che hanno caratterizzato l'anno appena concluso.
Anche il 2021, come avevamo intuito già l'anno scorso, è stato un anno particolare: non ai livelli del 2020, ma comunque con periodi di chiusura dei cinema (nella prima parte dell'anno), numero ridotto di film realizzati e/o distribuiti, diminuzione dell'afflusso di pubblico e della capienza delle sale...
Ad ogni modo, il 2021 è stato un buon primo passo verso una ripartenza, in vista (si spera) di un ritorno alla normalità, con un buon numero di film anche di un certo rilievo.
E spesso, andando nel merito della categoria che interessa il nostro "premio", questi film sono stati accompagnati da locandine altrettanto interessanti.
Nota: ricordiamo che i film presi in considerazione sono quelli distribuiti in Italia nell'arco dell'intero anno 2021 (1/1-31/12). Per questo motivo, possono rientrare nella premiazione film di anni precedenti che ancora non erano stati distribuiti in Italia, mentre possono essere esclusi film del 2021 che in Italia sono stati distribuiti dopo il 31 dicembre o che devono ancora essere distribuiti.

 
9° FARO-BLU D'ORO
Miglior Locandina 2021: Il cieco che non voleva vedere Titanic (FIN 2021)



Miglior Locandina italiana 2021: Ancora più bello (ITA, 2021)


Miglior Font 2021: Dune (USA-UNG-CAN, 2021)


Miglior Font italiano 2021: Fino ad essere felici (ITA, 2020)


Miglior Frase di Lancio 2021: Don't look up (USA, 2021) - «Basato su fatti realmente possibili»


Miglior Frase di Lancio italiana 2021: ex aequo: 

  • Io sono Babbo Natale (ITA, 2021) - «A Natale siamo tutti più buoni. Quasi tutti.»
  • Il Divin Codino (ITA, 2021) - «E' come ti rialzi che ti rende un campione»


Tralasciando l'ormai consolidata tendenza a non mettere frasi di lancio nelle locandine italiane, quest'anno abbiamo deciso di assegnare il premio in ex aequo prendendo volutamente in considerazione anche il film "Il Divin Codino", film di produzione Netflix che non è stato distribuito nelle sale e che fa proseguire i dubbi (già sorti nel 2018 quando a Cannes furono esclusi tutti i film Netflix per protesta contro la scarsa distribuzione nelle sale...) sulla distinzione tra i film Netflix distribuiti solo sul web (seguendo quindi le tendenze della società e del progresso) e i film distribuiti al cinema (anche fosse stato solo per un weekend...). Del resto si tratta in ogni caso di film (non film-tv o fiction o altro), con lo stesso linguaggio, lo stesso tipo di produzione, lo stesso tipo di realizzazione... Al momento, abbiamo convenuto con il prendere in considerazione entrambi i tipi di distribuzione.

---

Come ormai consuetudine, approfittiamo di questo post per dare uno sguardo anche agli altri premi assegnati alle locandine nel 2021 da parte di altre organizzazioni del settore.


A novembre 2021 è stato assegnato il Ciak d'oro per la miglior locandina a:

  • Tutti per 1 - 1 per tutti (ITA, 2020)

Distribuito il 25 dicembre 2020 direttamente su Sky Cinema Uno a causa delle misure restrittive legate alla pandemia. Questo conferma la correttezza nello scegliere di prendere in considerazione il tipo di opera, film, indipendentemente dal mezzo di distribuzione utilizzato (per scelta o necessità).

Nota: ricordiamo comunque che il periodo preso in considerazione dalla rivista Ciak non è l'intero anno 2021, come nel nostro caso, ma è stato dal 1 settembre 2020 al 30 settembre 2021. Per vedere i vincitori del Faro-Blu d'Oro relativi al 2020 si può visionare il post della scorsa edizione.

Complimenti ai vincitori e in bocca al lupo a tutti per il futuro!

sabato 8 gennaio 2022

Netflix 2021: Top 5 + Icon

Il 2021 si è concluso da poco ed è stato un altro anno importante per Netflix, dopo il boom ottenuto nel 2020 a causa della pandemia.

Ma vediamo le 5 uscite imperdibili che hanno contraddistinto quest'anno.

  • 26/5 - "Il Divin Codino" - Film biografico che ripercorre le tappe fondamentali della vita del 3° più grande calciatore di tutti i tempi. Tra infortuni, trash-journalism, boicottaggi, vengono mostrate le tante difficoltà e delusioni che Roberto Baggio ha dovuto affrontare durante tutta la sua carriera, senza soffermarsi soltanto su una semplicistica carrellata di gol ma approfondendo tutti gli altri aspetti umani a cui in tanti non vogliono pensare.
  • 1/7 - "Generazione 56k" - La prima serie realizzata dai The Jackal. Dopo le web-series, i cortometraggi, il film e i programmi tv, debuttano anche nel mondo delle serie tv con una storia romantica che alterna anni '90 e giorni nostri.
  • 17/11 - "Strappare lungo i bordi" - Dopo i libri e la web-series autoprodotta durante la pandemia, anche il fumettista Zerocalcare debutta su Netflix con una serie animata imperdibile. Tra gag e riflessioni, in parte traspone alcuni argomenti trattati nei libri: le ripetizioni, gli amici, l'amore perduto, la morte.
  • 19/11 - "Cowboy Bebop" - Anche se al di sotto delle aspettative (non catturando nuovo pubblico e deludendone una parte del vecchio pubblico), il remake in live-action di uno degli anime più importanti della storia ha avuto il merito di aver tentato di riportare in auge i personaggi dell'anime trasformando la trama in modo da non far morire i protagonisti. Ottimi attori, modifiche di trama funzionali allo scopo. Può non piacere ad alcuni, ma il tentativo è stato interessante.
  • 8/12 - "Don't look up" - Il kolossal che ha diviso l'opinione pubblica, tra entusiasti e haters ipocriti offesi. Film satirico che parodizza il giornalismo e la politica attuale mostrando come, nonostante teorie scientifiche appurate, in tanti continuino a far finta di niente su temi come il surriscaldamento globale, i cambiamenti climatici, ecc. (anche se nel film viene usato lo stratagemma dell'impatto di una cometa), lasciando che tali processi continuino a portare la Terra verso la catastrofe irreparabile. Cast stellare, tema più che mai attuale e che ha indignato parecchie persone con la coda di paglia. C'è chi ipotizza qualche riconoscimento agli Oscar, possibile che nell'Academy non si sia offeso nessuno?

Tralasciando altre uscite particolari come le stagioni successive di "You", "Jurassic world", "Rick and Morty", e chi più ne ha più ne metta, una menzione speciale sicuramente la merita:

  • 17/9 - "Squid games" - Se nel 2020 il titolo iconico di Netflix era stato "Vis a vis", la serie spagnola ambientata in un carcere femminile, quest'anno sicuramente la serie più iconica è stata "Squid games", la serie sudcoreana in cui un gruppo di disperati si lascia rapire per finire in un gioco all'ultimo sangue.

Insomma, un'annata niente male. Vedremo il 2022 cosa ci riserverà.

venerdì 24 dicembre 2021

Serie Netflix di Zerocalcare: Strappare lungo i bordi

Il 17 novembre è stata distribuita su Netflix la serie animata di Zerocalcare: Strappare lungo i bordi.


***Attenzione spoilers***

Dopo essersi cimentato nei cartoons autoprodotti dedicati alla pandemia, "Rebibbia quarantine", ora sbarca in una produzione più grande con una serie in 6 episodi che, con il suo stile che lo ha reso famoso e amato in tutta Italia, racconta dubbi e pensieri nella società moderna durante un viaggio per partecipare ad un funerale.

Prende ispirazione dall'evento già raccontato in "La profezia dell'armadillo", anche se con svariate differenze. (https://www.true-news.it/facts/zerocalcare-la-storia-vera-dietro-la-serie-chi-e-alice)

Ad ogni modo, ottima storia e stile, ottimo doppiaggio, ottima realizzazione.

L'unica nota stonata è che emergono 3 errori a cui purtroppo è stato indotto da una brutta piega della società moderna filo-statunitense, erorri su cui si spera ci rifletta sopra per non ricaderci nelle opere future.

Si accusa ingiustamente di sessismo, e poi di razzismo (il colmo proprio) con dei ragionamenti forzati indotti che però non reggono (anche se lui non sembra accorgersene, circondato da persone che forse si sono convinte davvero di quelle assurdità o a cui gli fa comodo). E conclude la serie con la teoria dei fili d'erba che tende a deresponsabilizzare tutti da qualsiasi cosa accada loro intorno (ma non sempre è così, rischia di essere una scorciatoia per autoassolversi anche quando si avrebbe il potere di cambiare le cose e non lo si fa). A parte questi tre punti su cui bisognerebbe discuterne e rifletterci a lungo, per il resto è un'ottima serie e la miglior produzione italiana dell'anno.

Comunque consigliato.

Giudizio: 4,5 stelle

(mezza stella persa per quei 3 errori)

domenica 19 dicembre 2021

Serie Netflix: Jurassic World Nuove Avventure. Che delusione...

Purtroppo, altro triste capitolo della storia di Netflix.


Nel 2020 è stata distribuita una serie animata del franchise "Jurassic World": "Jurassic World Camp Cretaceous" (in italiano: "Jurassic World - Nuove avventure").

Il concept sarebbe anche interessante teoricamente: 6 ragazzi (3 maschi e 3 femmine) ottengono la possibilità di visitare il nuovo parco di Jurassic World, sotto il controllo di 2 supervisori (1 maschio e 1 femmina...), ma come al solito avvengono bravate, problemi e catastrofi che portano alla fuga dei dinosauri e al disastro totale che mette continuamente a rischio la vita dei protagonisti.

A parte la scontatezza dei vari esiti ed eventi, purtroppo c'è da dire che, in linea con la nuova politica statunitense che purtroppo sta influenzando anche la società italiana, tutta la serie è intrisa di una fortissima discriminazione e sessismo principalmente contro il genere maschile di razza bianca. Non è chiaro se ciò sia dovuto a qualche potere forte che ha deciso per questo tipo di scontro sociale o se è solo una deriva incontrollata della società moderna.

Ad ogni modo, mascherando la scelta dei personaggi con il "politically correct", si vanno ad esaltare tutte le razze possibili e il genere femminile, relegando i "maschi bianchi" a ruoli negativi, inutili, buffoneschi e imbarazzanti.

Per intenderci basta vedere i protagonisti:

  • Darius Bowman (interpretato da Paul-Mikél Williams) - Il protagonista principale è un afroamericano nerd: un ragazzo molto profondo, esperto di dinosauri, istruito, leale, con un dramma familiare sulle spalle, intraprendente e che salva più volte la situazione.
  • Kenji Kon (interpretato da Ryan Potter) - Il secondo protagonista maschile è il cinese: presuntuoso, ignorante e in parte "profittatore", che però è ricco, forte, intraprendente anche lui, e alla fine si dimostra anche un buon amico e un utile e leale alleato.
  • Brooklynn (interpretato da Jenna Ortega) - La prima ragazza: forse messicana (stando alla doppiatrice che le è stata assegnata, anche se apparentemente potrebbe anche sembrare una "bianca"), piena di followers, insicura ma intelligente, leale, bella, e tutti i pregi che possono venire in mente.
  • Yasmina "Yaz" Fadoula (interpretato da Kausar Mohammed) - La seconda ragazza: la medio-orientale. Atletica, bella, anche lei insicura ma leale, intraprendente e perfetta.
  • Sammy Gutierrez (interpretato da Raini Rodriguez)- La terza ragazza: ovviamente la doppiogiochista non poteva che essere la grassottella imperfetta ispanica... che però si riscatta nel finale raccontando di aver sbagliato nelle sue scelte in buona fede per poter aiutare la famiglia.
  • Ben Pincus (interpretato da Sean Giambrone) - Infine, l'unico ragazzo occidentale bianco: vomitoso, pauroso, inutile, mandato dai genitori al campo per fargli superare le proprie paure. Un piagniucoloso fifone che non fa altro che rallentare il gruppo, e il cui unico atto di coraggio (inutile, dato che l'azione la stava per fare il protagonista afroamericano) è incoerente (dato che non si adatta minimamente a tutta la caratterizzazione del personaggio) e si dimostra essere solo uno stratagemma scontato per farlo fuori: un modo per togliere di mezzo un personaggio inutile di cui si può benissimo fare a meno (per poi, in modo ancora più scontato, farlo ricomparire nel finale per giustificare il suo ritorno nella stagione 2 e successive). Ed effettivamente, a quanto pare, nelle prime bozze era prevista la sua morte: «Early drafts for the season considered having the character of Ben die shortly after his fall in the first season's finale».

Non sicuri che questo messaggio sessista-razzista fosse passato, come a dare una prova del nove, vengono aggiunti solo 3 personaggi adulti "principali":

  • Il dottor Wu (doppiato da Greg Chun): anche se in realtà solo come comparsa, ovviamente lo scienziato cinese appare come un genio interessato però alla fama e al potere...
  • Roxie (doppiata da Jameela Alia Jamil): il capo-responsabile dei ragazzi che deve accompagnarli e prendersene cura per tutta la loro permanenza al parco. Donna, di origini mediorientali.
  • Dave (doppiato da Glen Powell): l'altro responsabile dei ragazzi. Ed essendo un maschio bianco Occidentale ovviamente non poteva che essere rappresentato come un buffone pasticcione senza autorità. Si spaccia per capo-responsabile, poi per co-capo-responsabile, ma si intuisce che è praticamente l'ultima ruota del carro. Senza potere decisionale, dato che il capo ovviamente non poteva che essere Roxie. Certo, è la spalla comica del duo, ma ciò non cambia il fatto che non ci sia un personaggio maschile bianco "decente".

In un momento storico in cui si parla tanto contro discriminazioni razziali e sessuali, appare sempre più evidente che invece la discriminazione abbia soltanto cambiato bersaglio.

Certo, gran parte dei personaggi, presi singolarmente, sono anche simpatici e ben riusciti (gran parte...), ma il fatto che non ci sia un maschio bianco decente è emblematico del messaggio che autori/autrici vogliano inculcare soprattutto nelle nuove generazioni.

In teoria sarebbe bastato che ci fosse un personaggio maschile bianco positivo (né inutile né una macchietta), ed invece è l'unico elemento che manca. Il ragazzino piagniucoloso viene addirittura fatto fuori, tanto era inutile.

Come ulteriore prova del nove, per fugare gli eventuali dubbi che magari possono essere rimasti, interessante andare a vedere chi sono gli autori (o meglio, le autrici) della serie.

  • Lindsay Kerns: femminista (nel senso moderno del termine), gender-oriented (fissata con la nuova americanata dell'"identità di genere", totalmente insensata per come sta diventando...), di orientamento sessuale "incerto" (ma di sicuro è chiaro contro quale genere ce l'abbia...). (https://twitter.com/clippership) Emblematico questo suo post sessista su Twitter:



  • Sheela Shrinivas, una donna indiana a cui forse la libertà ottenuta in Occidente ha dato alla testa... Sposata con un americano apparentemente bonaccione bianco. Guarda caso, anche lei fissata con le comunità LGBT. Molto particolare questa presunta lotta contro la discriminazione, ma operando al contempo una contro-discriminazione che non fa che acuire lo scontro sociale. (https://www.instagram.com/sheelashrinivas/) Emblematico il suo post su Instagram in cui appare abbastanza evidente razzismo e sessismo con la frase «Non ho mai amato di più essere "brown" e donna come in questa settimana» (senza motivo, tra l'altro, dato che il post teoricamente avrebbe dovuto riguardare la discriminazione contro l'omosessualità in generale...):
  • Josie Campbell: altra donna femminista sessista, gender-oriented, razzista (ma negli Stati Uniti probabilmente sono un pò tutti così, in un modo o in un altro, a quanto pare). (https://twitter.com/CozyJamble) Emblematico il suo retweet sessista-razzista: «Il sistema legale degli Stati Uniti è il patrono più fedele della supremazia bianca».
  • Rick Williams: maschio bianco però a quanto pare fissato con l'esaltazione di tutto ciò che sia diverso da lui (africani, indiani, donne, l'importante è che non siano maschi bianchi...). (https://twitter.com/rickwilliams26) Emblematico il suo articolo sul fratello di Che Guevara, un ispanico, in cui parlando della madre la descrive puntando l'attenzione con enfasi su un presunto "femminismo" facendo rientrare forzatamente questa propaganda anche in un articolo che in teoria parla d'altro («Lei è stata una femminista precoce e una delle prime donne in Argentina ad indossare pantaloni, fumare e guidare una macchina»...):
  • M. Willis: su di lui c'è ben poco da dire. Sembra più che altro molto focalizzato su lavoro e salario... (forse solo qualche suo tweet/retweet tradisce una certa condivisione delle idee femministe eterofobe, ma niente di così evidente come le colleghe) (https://twitter.com/theotherwillis)

Insomma, il messaggio che passa dalla serie tv era già abbastanza chiaro, e si può notare come rispecchi praticamente il pensiero delle autrici.

Tra l'altro, anche l'"Empire", nella sua recensione, ha «criticato scrittura e personaggi dello show, dicendo che sono "sgradevoli" e "disegnati in stereotipi di bassa lega e dialoghi forzati"» («criticizing the show's writing and its characters, who he said were "unlikeable" and "drawn in thin stereotypes and forced dialogue"»).

Purtroppo questo modo di pensare si sta diffondendo anche in Italia e sta portando (ingiustamente) sessismo e razzismo anche in una società in cui fino a pochi anni fa non c'era.

Gli Stati Uniti sono sull'orlo di una guerra civile (su diversi fronti, in realtà) da mesi, o anche anni, per una cultura e una condizione sociale tutta loro. Si spera che nel prossimo futuro in Italia si smetta di farsi coinvolgere in scontri culturali che non ci appartengono...

Giudizio: 0,5 stelle

  • Trama: un quarto di stella (diciamo che avrebbe anche avuto degli spunti interessanti, ma questa propaganda discriminatoria rende il tutto come uno sgradevole spot negativo che, invece di diminuire le discriminazioni, le aumenta...).
  • Personaggi: un quarto di stella (anche in questo caso, se ci fosse stato anche un personaggio bianco positivo o se fossero stati tutti personaggi di una stessa razza, la caratterizzazione avrebbe potuto anche avere senso, ma in questo modo appare evidente la propaganda razzista e sessista, per cui anche quel poco di buono che ci poteva essere finisce col venir sprecato).
  • Godibilità: zero stelle (propaganda indecente, gag scontate e prevedibili, sviluppi discutibili...)
  • Cultura: zero stelle (propaganda che mira alla disgregazione sociale, poco condivisibile).

lunedì 13 dicembre 2021

Cowboy Bebop - Anime vs. Live Action

Poche settimane fa, su Netflix è stato distribuito un altro remake di un anime di successo: stavolta si tratta di "Cowboy Bebop", quello che è considerato da molti «uno dei migliori anime di tutti i tempi».

A quanto pare, i giudizi di critica e pubblico (voto medio intorno a 5/10 circa), uniti al basso numero di visualizzazioni, hanno spinto Netflix ad annunciare quasi istantaneamente la cancellazione della seconda stagione. (https://www.comingsoon.it/serietv/news/netflix-cancella-cowboy-bebop-dopo-una-sola-stagione-la-reazione-del-cast/n132668/).

A questo punto, però, bisogna fare alcune considerazioni.

Innanzitutto, c'è da dire che non si capisce bene il motivo per cui Netflix continui a realizzare "remake" (perché di questo si tratta, non di "trasposizione" o "adattamento") di capolavori di successo, dato che finiscono per essere sempre dei flop. A parte, ovviamente, quello di incrementare l'archivio dell'offerta disponibile e ottenere un certo risalto mediatico (soprattutto preventivo, dato che dopo la distribuzione gli articoli parlano di flop e di cancellazioni dei sequel, che non sono esattamente una pubblicità molto positiva).

E' vero che questa volta non ci si trova di fronte ad una porcheria come "American Death Note"... Però comunque non si tratta di una trasposizione, per cui una ricezione negativa da parte dei fan (che erano il principale target a cui puntava la serie) c'era da aspettarsela.

***Spoilers alert*** Da qui l'articolo contiene spoiler!

L'anime era un'opera molto psicologica: nonostante l'azione e le gag, c'era un aspetto introspettivo molto profondo. L'amore perduto, il dubbio e il rimpianto che si trasformano in un'ossessione, un pensiero fisso che tortura il protagonista al punto da cercare distrazioni anche in attività rischiose pur di riuscire a staccarsi da quei pensieri almeno per qualche momento ed avere un pò di sollievo prima di ricadere inesorabilmente nel dolore e nella disperazione. Poi c'è l'amore ritrovato, il sogno di recuperare il tempo perso, la speranza di un futuro migliore... il tutto spezzato dalla sua nemesi che lo getta in uno sconforto ancora peggiore, senza più né dubbi né speranze. Una disperazione che porterà il protagonista ad un gesto estremo, ormai condannato ad una vita che non può essere altro che un incubo, in cui la realtà è un contorno offuscato ed insignificante. Così tenta di porre fine a tutto anche se ciò può comportare la sua stessa morte; un finale in cui torna a sentirsi vivo solo nell'atto del morire. Con la morte che, come dice lo sciamano nell'ultimo episodio, diventa una protezione contro la sofferenza.

Insomma, un aspetto profondo, drammatico, estremamente complesso e che in tanti magari neanche riescono a cogliere appieno. Tutto ciò è stato epurato dalla serie Netflix, che ha trasformato il tutto in una serie quasi "per famiglie" (quasi, date le scene estremamente macabre, spesso superflue, che sono state inserite). Quindi la profondità psicologica lascia il passo alla commedia e al macabro, forse per andare incontro al pubblico dei giovani statunitensi e simili, quel genere di pubblico che si diverte a passare le serate guardando gli horror e le parodie... E che però forse non è esattamente il pubblico che guarda anime e relative trasposizioni/remake...

Quindi, il confronto tra la serie e l'anime non regge, come era prevedibile nonostante l'incredibile hype che aveva generato l'annuncio di questa serie. Si è puntato ad attrarre i fan con un'opera che è più accondiscendente verso i meno nerd e quindi i meno interessati alla serie... Un controsenso. Cerca di attrarre inutilmente un pubblico non interessato scontentando (e quindi perdendo anche) chi invece era più che interessato.

Ma, a parte questo (anche se non è poco), non è tutto da buttare. E' vero che c'è una grande differenza con l'anime e che si è cercato di fare un certo tipo di intrattenimento modificando alcuni personaggi e alcuni eventi, però è anche vero che:

  1. Con questa serie, le modifiche della trama e il finale aperto, viene data l'opportunità di rivedere quei personaggi tanto amati nell'anime e di lasciare anche uno spiraglio per eventuali stagioni future, in modo da poter eventualmente ritrovarli e continuare a seguirli (l'affezione del pubblico verso i personaggi è risaputa quantomeno dai tempi del teatro e dell'Opera, per passare poi al Cinema e alla televisione...). Restando fedeli all'anime, questo spiraglio non ci sarebbe stato visto che sostanzialmente moriavno quasi tutti i protagonisti (Spike, Lucius, Giulia, Ani...). In questa serie Netflix, invece, grazie a certe modifiche di trama non vengono fatti morire i protagonisti consentendo l'eventuale realizzazione almeno di una seconda stagione (cosa che non avverrà lo stesso, ma la possibilità c'era). La ciurma semplicemente si divide, Valentine va in cerca delle sue origini, Giulia "diventa malvagia", Lucius viene imprigionato, Ani se la cava... Inoltre la ragazzina Ed compare soltanto nella scena finale (mentre nell'anime era diventata un membro stabile della ciurma del Bebop), per cui chiaramente c'erano svariate trame aperte da sviluppare in una stagione 2... Insomma, interpretandolo come remake / storia-alternativa per poter portare avanti questi personaggi più a lungo, diciamo che ci può anche stare.
  2. Cast epico. I vari attori sono perfetti nei vari ruoli. Non importa se avrebbero potuto scegliere altri interpreti o chissà cosa. L'importante è che in questo caso gli attori sono ottimi, giusti nel ruolo, ben calati nella parte e credibili. Per quanto ci si possa magari trovare in disaccordo sulle modifiche rispetto alla trama originaria, difficile mettere in dubbio la scelta finale degli interpreti. Veramente stupendi tutti nei loro ruoli, al punto che rivederli in azione effettivamente non sarebbe dispiaciuto.

Quindi, è vero che la trama è molto diversa, ma spesso si è trattato di espedienti per alleggerire l'aspetto psicologico, cercare di raggiungere un pubblico più vasto, evitare l'epilogo drammatico dell'anime, e consentire di riportare in auge e per più tempo certi personaggi tanto amati e apprezzati.

La reazione del pubblico e la decisione di non finanziare una seconda stagione (interrompendo di fatto tutti i possibili sviluppi rimasti in sospeso: che succederà a Julia? Dove approderà Valentine? Chi è Ed e come verrà coinvolta?) fa sorgere due spunti di riflessione importanti:

  1. Hanno davvero senso i remake (soprattutto se di capolavori irraggiungibili)? In decenni di crisi artistica statunitense, abbiamo visto un moltiplicarsi di remake, reboot e sequel: qualsiasi cosa pur di sfruttare idee di successo del passato, sfruttarne l'appeal e la fama pur di fare soldi facili col minimo sforzo, anche quando il giudizio finale già si sa che sarà negativo. Chiaramente i sequel sono quelli che hanno un senso maggiore dato che non rinnegano quanto fatto in precedenza: a volte non riescono benissimo e magari sono vistosasmente fatti con poche idee giusto per fare soldi sfruttando idee vecchie (Jurassic Park 2 e 3, per esempio, o Grease 2 e simili), altre volte invece hanno un'idea originale solida che giustifica il tutto (per esempio "Jurassic World", oppure "Ghostbusters Legacy"). Per quanto riguarda i remake, invece, possono avere senso se l'opera originaria era stata un flop, non era all'altezza, aveva delle potenzialità inespresse per cui non era stato possibile apprezzarla appieno. Nel caso in cui, però, l'opera originaria si è già rivelata come un capolavoro indiscusso ed ineguagliabile ("Titanic", se proprio vogliamo fare un esempio), qualsiasi remake non apporterebbe niente di innovativo, nessun miglioramento, nessun elemento che possa competere con il predecessore. Ed il confronto ovviamente sarebbe inevitabile, a parte per qualche giovanissimo spettatore senza basi di confronto, e quindi anche la valutazione negativa sarebbe inevitabile. (Lo si è visto con i tanti tentativi di remake fatti dalla Disney, tipo "Aladdin", che lo si va a vedere solo se si è fan di Will Smith o perché era il "film del momento"... Ma per il resto, non c'è l'epicità dell'originale, la magia e innovazione che si respirava con il cartoon, e alla fine resta ben poca cosa).
  2. Possibile che non si possa evitare che Netflix continui a produrre delle serie che poi interrompe arbitrariamente lasciando spunti e trame irrisolti? Uno dei casi più eclatanti era stato quello di Sense8, chiuso dopo la seconda stagione (nonostante la trama non fosse conclusa) portando alla "rivolta" dei fans che "costrinsero" Netflix ad accordare almeno un episodio speciale che, in un unico appuntamento, chiudesse (frettolosamente) la storia. Se Netflix si è mossa, probabilmente i fans non erano neanche troppo pochi, altrimenti un colosso del genere non avrebbe dato peso alle proteste. Ma allora perché cancellare le serie che hanno anche un buon séguito senza portare a termine le trame? Non è possibile mettere qualche clausola per non permettere questo genere di cose, o slegare il prodotto dai capricci di questi produttori?

Insomma, si tratta di un remake, ma comunque, nonostante le differenze rispetto all'originale, incredibilmente risulta anche abbastanza piacevole, gli attori e i personaggi non sono male e non dispiacerebbe rivederli.

Ma, se dopo solo 3 settimane hanno già dichiarato la cancellazione del sequel, come si può attirare pubblico su una serie che già la si sta dando per morta? Ed avrebbe senso guardarla in massa per cercare di convincere Netflix a tornare sulla sua decisione, sapendo però che c'è il rischio concreto che ciò non accada e che quindi si rimanga con l'amaro in bocca a causa di tutte le trame in sospeso che non verranno mai proseguite?

Probabilmente sarà un'altra brutta pagina della storia di Netflix.

Giudizio: 3 stelle e mezza.

PS: capitolo a parte, ci sarebbe anche il problema del doppiaggio "a basso costo", diciamo così, a cui ricorre Netflix (dopo casi come "Cavalieri dello zodiaco", in cui il protagonista aveva una voce improponibile, o anche "Murder Mystery", in cui vengono aggiunte frasi inopportune extra senza motivo...): questa volta, lascia un pò perplessi la decisione di tradurre, ad inizio del primo episodio, "corporations" con "organizzazioni mafiose"... Certo, magari in alcuni casi cambia ben poco, forse solo la nazionalità di appartenenza, ma comunque fa storcere un pò il naso questa "non traduzione" e fa aumentare i dubbi sull'affidabilità dei dialoghi in questa e in altre serie targate Netflix... Quante frasi saranno state stravolte? Quanto di quello che ci viene fatto sentire nel doppiaggio italiano esiste anche nella versione originale?...

martedì 22 giugno 2021

Free Guy - Eroe per gioco

Ed eccoci ad un nuovo appuntamento con la trashata-storpia-capolavori dell'anno.

Era forse dai tempi di "Mr Robot" che non si vedeva una roba del genere, uno sciacallaggio tanto eclatante. Ma, mentre "Mr Robot" sostanzialmente reciclava insieme soltanto due capolavori del 1999 ("Matrix" e "Fight club", da cui trae anche interi discorsi quasi fedelmente) e li riproponeva su un altro mezzo (una serie-tv invece di un film), in questo caso si è andati ad un lunghissimo elenco di capolavori del passato, mescolando il tutto in una commedia trash.

Altro che messaggi filosofici, analisi della società, ammonimento per il futuro... No, c'è solo uno sminuimento e uno sfruttamento di tutti gli elementi di successo del passato, mettendoli insieme per realizzare però soltanto una merce di rapido consumo, di basso valore e di nessun interesse culturale (a parte forse l'emblematicità della crisi culturale e artistica che ormai da anni sta caratterizzando Hollywood).

Dal trailer, si possono già individuare un lungo elenco di film a cui si è rubato qualcosa, in questo sciacallaggio culturale che non sarebbe mai neanche dovuto essere pensato...

  • "Ricomincio da capo" - Il capolavoro del 1993 in cui Bill Murray era intrappolato in un circolo temporale per cui era costretto a rivivere sempre la stessa giornata. E' chiara la scopiazzatura già nel momento in cui Ryan Rainlods (uno dei massimi esponenti del trash americano) si ritrova a letto con la sveglia che suona dopo essere stato travolto da un treno...
  • "The Truman Show" - Il capolavoro del 1998 con Jim Carrey con cui si anticipava la nascita dei reality show. Stessa identica scena del protagonista che, mentre beve davanti al tramonto, confida al suo miglior amico che ha la sensazione che ci sia qualcosa di strano nel loro mondo...
  • "The Matrix" - Ovviamente, il concetto della realtà virtuale, una vita "falsa" sotto il controllo di "entità superiori", ma anche la sensazione che ci sia qualcosa di strano nella loro realtà e la successiva ricerca di scoprire la verità...
  • "V for Vendetta" - Sceneggiato e prodotto sempre dai Wachowski, non può non venire in mente una delle frasi più importanti della cinematografia moderna: "...E la verità è che c'è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese".
  • "Essi vivono" - Un cult della fantascienza, del 1988, uno dei massimi capolavori di John Carpenter, anche se "ampiamente sottovalutato". Gli occhiali che mostrano un secondo piano della realtà, con messaggi subliminali ed elementi altrimenti nascosti alla vista, è chiaramente copiato da questo film. Anche se in questo film sembra abbastanza insensato e poco coerente...
  • "Ready player one" - Il bacio virtuale, con la protagonista nella camera che percepisce le sensazioni sulle labbra... Chiaramente è copiato dal capolavoro di Steven Spielberg (tratto a sua volta da un romanzo, ma è un concetto già presente anche in altre opere) con cui del resto condivide lo stesso scceneggiatore Zak Penn. Ma in questo caso alla protagonista vengono fornite soltanto delle normalissime cuffie. Niente visore VR, niente sensori, niente che renda realistico il concetto che dovrebbe essere trasmesso. Come fa ad essere in totale immersione se sta semplicemente con delle cuffie davanti ad un monitor? Senza senso proprio. Forse avevano finito il budget? Neanche sono stati in grado di copiare decentemente...
  • "Ghost in the shell" - Per tornare sui grandi capolavori della realtà virtuale, non si può non citare una delle pietre miliari del genere, a cui si sono ispirati anche i Wachowski per "Matrix".
  • "Sword art online" - Altro anime, anche se successivo. Ad ogni modo, è un altra pietra miliare del genere, con i protagonisti che, tramite visore VR, vengono proiettati in un videogioco e ne restano intrappolati. L'unico modo per uscirne sarà terminarlo vincendo il boss finale...
  • "Hunger games" - Il protagonista che viene seguito in diretta da spettatori ed autori. "Questo ragazzo sta rovinando il gioco...". Oltre ai riferimenti a "The Truman Show" e a "Ready player one", il gioco, le scommesse, la telecronaca, sono chiaramente tratti dalla serie "Hunger games" in cui c'erano esattamente gli stessi elementi.
  • "The divergent series" - Gli spettatori "virtuali" che assistono da vicino, ma "esternamente" a tutto ciò che fa il protagonista. Se anche era un elemento di "Hunger games", sicuramente è un concetto che non manca neanche nella serie di "Divergent".
  • "Guns akimbo" - Una chicca recente con Daniel Radcliffe. Un film indipendente, forse anche "di nicchia", che non è neanche stato distribuito nelle sale cinematografiche (a parte solo in Nuova Zelanda). Il protagonista viene coinvolto in un gioco/reality-show, ed ogni suo movimento viene trasmesso in tv e seguìto da migliaia di spettatori. Non è in VR, ma c'è sempre il concetto del reality show, del mostrare e spettacolarizzare la vita dei protagonisti (in questo caso a loro insaputa come in "The Truman Show", ma il concetto è lo stesso).
  • "Inception" - I palazzi virtuali, la realtà costruita e demolita...
  • "Deadpool" - Alcune scene, il rallenty, la noncuranza con cui il protagonista si rapporta ad ogni cosa che gli capita intorno... Tutto "sembra" copiato dalla trashata supereroistica in cui del resto recitava lo stesso protagonista: Ryan Rainolds... Da notare, inoltre, che alla sceneggiatura c'è anche Zak Penn, già sceneggiatore in altri film supereroistici (un paio di X-Men e "The Avengers") ma anche di "Ready player one"... Evidentemente gli era talmente piaciuto il concetto che lo ha voluto riprendere paro paro per risparmiare la fatica di creare qualcosa di nuovo... Sostanzialmente ha proiettato Deadpool in "Ready player one".
  • "Ralph Spaccatutto" - I personaggi all'interno di un videogioco che si "relazionano" col mondo esterno...

Questi i principali film che vengono in mente, ma non è escluso che ce ne siano anche altri da cui si è rubato qualche elemento o qualche gag e che ci è sfuggita o non è stata mostrata nel trailer.

Insomma, la sintesi resta abbastanza evidente: uno sciacallaggio effettuato per sfruttare elementi di successo, riadattandoli in una commedia trash, in cui il protagonista come al solito è un "americano" noncurante di qualsiasi cosa gli accada intorno, che reagisce sempre come se fosse uno spettatore, senza quel coinvolgimento non distaccato che dovrebbe avere chi vive gli eventi in prima persona.

Ovviamente non è il primo caso del genere, ma si aggiunge ad un elenco che purtroppo si sta affermando in questi anni. Volendo fare un elenco di questa "serie", troviamo: "Pixels" (2015), i due sequel di Jumanji (2017 e 2019, anche se il concept li rendono in parte giustificabili), e ora questo "Free guy" (2021). Praticamente almeno uno ogni due anni.

Avendo visto che vanno tanto di moda i videogiochi, prendono elementi di film sulla realtà virtuale e simili, ci aggiungono elementi videoludici, e li riadattano alla "cultura" di "American Pie". Trash puro.

0 stelle.

lunedì 7 giugno 2021

"Pantani" - Documentario della New Black Films

Se si è interessati allo sport, ai campioni e/o al genere documentaristico, all'interno del catalogo Amazon si può trovare quello che probabilmente è uno dei peggiori documentari della storia. Quello dedicato a Marco Pantani.

Si tratta del documentario "Pantani, The Accidental Death of a Cyclist" diretto da James Erskine e prodotto dalla britannica New Black Films.

Un'ora e mezza quasi del tutto sprecata: le uniche cose buone sono alcune immagini e interviste di repertorio e qualche elemento biografico che forse si è stati costretti ad inserire per giustificare il titolo...

Per il resto, non viene ripercorso molto della biografia del Pirata, non vengono raccontate le tappe vinte, i boicottaggi, le ricadute e i tentativi di riprendersi, la solitudine di Pantani abbandonato da tutti... Ma andiamo con ordine, per rendere bene l'idea di cosa ci si ritrova davanti:

  • Innanzitutto, decine e decine di secondi di montagne, picchi estremi, innevati, nuvole nel cielo che si spostano dietro qualche picco... In un film di un'ora e mezza, svariati minuti si perdono così, senza parole e senza immagini legate al ciclismo... Montagne a caso per allungare la durata...
  • Si passa poi all'infarinatura sul ciclismo e su Indurain. Viene spiegato praticamente cos'è il ciclismo, che situazione c'era nei primi anni '90, chi era Indurain. C'è anche una specie di spot pubblicitario del Tour de France, accennando al 3° posto ottenuto da Pantani nel 1994. Idee a caso buttate nel calderone...
  • Solo a questo punto si passa a parlare di Pantani, ripartendo dalla sua infanzia. Circa un quarto d'ora sprecato in una specie di introduzione del ciclismo, dilungandosi su cose che per un documentario serio sarebbero bastati due minuti, e senza immagini inutili di montagne.
  • Ripercorrendo l'infanzia di Pantani, vengono montate immagini di repertorio, interviste dell'epoca e interviste successive di parenti e conoscenti che ricordano i vari momenti. Il tutto, ovviamente, spezzando ogni frase con lunghe pause inframmezzate con altrettanto lunghi segmenti muti di gare non precisate e non raccontate. E naturalmente si sente proprio il vuoto audio che si crea ogni volta che le frasi vengono spezzate. Uno stratagemma chiaramente per far durare di più un documentario con poche idee e poca voglia di raccontare, ma che si deve riuscire a far arrivare comunque ad un'ora e mezza (1:30 esatti, stranamente...).
  • Si racconta rapidamente il podio al Tour del 1994 e il terribile incidente del 1995 con cui rischiò la vita e/o la carriera, ma da cui riuscì a riprendersi.
  • Il Pirata: "E' sempre stato Pirata, gli faceva piacere...". Nessun accenno al perché veniva chiamato "Pirata". Prima ancora del suo ritorno dopo l'incidente, vengono mostrate le foto dei festeggiamenti degli anni successivi, parlando del personaggio "entrato nella leggenda". Ma fino a questo momento non si è raccontato praticamente niente, e non c'è stato nessun accenno alla bandana, all'usanza di gettarla nel momento decisivo, ecc. Il regista sembra proprio non conoscere il ciclismo né Pantani, e sembra anche non essersi informato più di tanto. Pare il compitino di scuola dell'ultimo della classe...
  • La vittoria del Giro d'Italia 1998 viene "raccontato" in circa due minuti. Soltanto due minuti per raccontare una delle principali imprese della sua carriera... Senza mostrare praticamente niente delle scalate, gli scatti, le rimonte... Soltanto due minuti...!
  • Si passa al Tour de France 1998, raccontato più che altro parlando dello scandalo anti-doping con esclusione della squadra Festina, la storia del doping nel ciclismo (con le morti drammatiche che hanno fatto sollevare il problema) e l'impegno di Pantani nel difendere i ciclisti esponendosi in prima persona. Vengono finalmente montate anche delle immagini di gara, mostrando l'impresa di Pantani nella 18^ tappa, non molto di più. Con ampio utilizzo di immagini di repertorio senza neanche commento.
  • Per raccontare il 1999, viene spiegato innanzitutto l'Epo, e ci può stare.
  • Vengono mostrate le immagini della rimonta della 15^ tappa, un'impresa mozzafiato, riassunta con la frase "Non era semplice maestria, era umiliare i suoi rivali"... Nessun accenno al fatto che tutti i ciclisti avevano voluto approfittare del problema tecnico di Pantani per lasciarlo indietro (quando invece di solito in questi casi si aspetta la maglia rosa per non sfruttare un problema non dovuto al ciclista, come successe anni dopo ad Armstrong in un Tour) e che Pantani recuperò tutti e li distaccò in risposta alla mancanza di rispetto dimostratagli in quell'occasione.
  • E si arriva quindi alla sua esclusione dal Giro. Uno dei più grandi scandali dello sport mondiale. Il documentario prosegue approfondendo il periodo di crisi successiva a questa ingiustizia, il ricorso alla cocaina, i commenti negativi della gente, l'umiliazione e la depressione...
  • Viene accennato al complotto che ha portato alla sua esclusione, ma viene un pò lasciato sul vago, come se fosse solo una voce. Solo un accenno alle irregolarità con cui è stato fatto il prelievo, neanche un accenno invece a quanto fosse facile alterare i campioni da analizzare, al fatto che tutta la procedura era stata attuata in modo irregolare al punto che si sarebbe potuto anche richiedere istantaneamente l'annullamento della decisione di escluderlo...
  • Si passa rapidamente al 2000, quando Pantani sembra tornare. La vittoria di Pantani su Armstrong, con l'immancabile accenno sulla falsa voce secondo cui Armstrong avesse lasciato vincere Pantani. Un altro breve accenno sulla tappa successiva, in cui nuovamente Pantani vinse. Dopodiché c'è l'abbandono improvviso di Pantani per problemi intestinali.
  • Il racconto torna rapidamente sullo scandalo doping, così si giunge ad alcune delle peggiori frasi che si possano inserire, trascurando quindi tutte le analisi che dimostrarono il non utilizzo di sostanze dopanti da parte di Pantani. Il documentario invece dice: "Il doping ha impedito a Pantani di ottenere buoni risultati in modo naturale, perché è stato costretto"... E aggiunge anche che "...gli atleti sono uno strumento del sistema", "...gli portò grande successo, ma alla fine lo condusse alla rovina". Sostanzialmente dice che era dopato perché il sistema lo richiedeva... Praticamente nega tutto ciò che è emerso da tutte le analisi e le indagini di tutti gli anni successivi...!
  • Oltre alla guerra al doping, si parla nuovamente della cocaina assunta da Pantani, quindi mandando il messaggio che Pantani sia morto per droga, negando praticamente la realtà dei fatti e trascurando completamente le indagini, le prove modificate o non raccolte, le incongruenze, le testimonianze...

Insomma, un documentario su Pantani che mostra ben poco del campione, che non racconta quasi niente dei fatti reali e che invece sembra solo diffamare Pantani facendolo passare per un dopato morto per droga...

Se non è stato commissionato apposta per diffamare, si direbbe che sia un documentario di un incompetente, che non sembra conoscere molto del ciclismo e di Pantani, e che finisce solo per diffamare un campione (più o meno volutamente). Tipico di un certo giornalismo anglosassone scandalistico il cui massimo esponente si può individuare in Martin Bashir, responsabile prima della fine dei rapporti tra Lady Diana e la famiglia reale (evento tornato alle cronache proprio di recente, con la sentenza secondo cui la BBC «è venuta meno agli standard di integrità e trasparenza»), e poi del crollo di immagine di Michael Jackson nel 2003 e conseguente processo (potrebbe essere intentata anche in questo caso una nuova causa contro il giornalista per possibili manipolazioni fatte ad arte per mettere in cattiva luce il cantante, oltre al fatto che il montato e il commento del documentario era già stato dimostrato essere appositamente scandalistico per far apparire Jackson come una persona inquietante e tagliando i segmenti che non facevano comodo a quella versione).

Insomma, il classico stile delle immagini manipolate, verità non dette, frasi montate ad arte per screditare.

Uno dei peggiori documentari della storia.

Giudizio: 0 stelle.

 

PS: se si vuole qualcosa di più sensato, un documentario serio è "Il caso Pantani - L'omicidio di un campione", che ricostruisce e spiega esattamente i due momenti chiave della morte di Pantani (prima quella morale nel 1999, poi l'assassinio fisico del 2004).