martedì 22 giugno 2021

Free Guy - Eroe per gioco

Ed eccoci ad un nuovo appuntamento con la trashata-storpia-capolavori dell'anno.

Era forse dai tempi di "Mr Robot" che non si vedeva una roba del genere, uno sciacallaggio tanto eclatante. Ma, mentre "Mr Robot" sostanzialmente reciclava insieme soltanto due capolavori del 1999 ("Matrix" e "Fight club", da cui trae anche interi discorsi quasi fedelmente) e li riproponeva su un altro mezzo (una serie-tv invece di un film), in questo caso si è andati ad un lunghissimo elenco di capolavori del passato, mescolando il tutto in una commedia trash.

Altro che messaggi filosofici, analisi della società, ammonimento per il futuro... No, c'è solo uno sminuimento e uno sfruttamento di tutti gli elementi di successo del passato, mettendoli insieme per realizzare però soltanto una merce di rapido consumo, di basso valore e di nessun interesse culturale (a parte forse l'emblematicità della crisi culturale e artistica che ormai da anni sta caratterizzando Hollywood).

Dal trailer, si possono già individuare un lungo elenco di film a cui si è rubato qualcosa, in questo sciacallaggio culturale che non sarebbe mai neanche dovuto essere pensato...

  • "Ricomincio da capo" - Il capolavoro del 1993 in cui Bill Murray era intrappolato in un circolo temporale per cui era costretto a rivivere sempre la stessa giornata. E' chiara la scopiazzatura già nel momento in cui Ryan Rainlods (uno dei massimi esponenti del trash americano) si ritrova a letto con la sveglia che suona dopo essere stato travolto da un treno...
  • "The Truman Show" - Il capolavoro del 1998 con Jim Carrey con cui si anticipava la nascita dei reality show. Stessa identica scena del protagonista che, mentre beve davanti al tramonto, confida al suo miglior amico che ha la sensazione che ci sia qualcosa di strano nel loro mondo...
  • "The Matrix" - Ovviamente, il concetto della realtà virtuale, una vita "falsa" sotto il controllo di "entità superiori", ma anche la sensazione che ci sia qualcosa di strano nella loro realtà e la successiva ricerca di scoprire la verità...
  • "V for Vendetta" - Sceneggiato e prodotto sempre dai Wachowski, non può non venire in mente una delle frasi più importanti della cinematografia moderna: "...E la verità è che c'è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese".
  • "Essi vivono" - Un cult della fantascienza, del 1988, uno dei massimi capolavori di John Carpenter, anche se "ampiamente sottovalutato". Gli occhiali che mostrano un secondo piano della realtà, con messaggi subliminali ed elementi altrimenti nascosti alla vista, è chiaramente copiato da questo film. Anche se in questo film sembra abbastanza insensato e poco coerente...
  • "Ready player one" - Il bacio virtuale, con la protagonista nella camera che percepisce le sensazioni sulle labbra... Chiaramente è copiato dal capolavoro di Steven Spielberg (tratto a sua volta da un romanzo, ma è un concetto già presente anche in altre opere) con cui del resto condivide lo stesso scceneggiatore Zak Penn. Ma in questo caso alla protagonista vengono fornite soltanto delle normalissime cuffie. Niente visore VR, niente sensori, niente che renda realistico il concetto che dovrebbe essere trasmesso. Come fa ad essere in totale immersione se sta semplicemente con delle cuffie davanti ad un monitor? Senza senso proprio. Forse avevano finito il budget? Neanche sono stati in grado di copiare decentemente...
  • "Ghost in the shell" - Per tornare sui grandi capolavori della realtà virtuale, non si può non citare una delle pietre miliari del genere, a cui si sono ispirati anche i Wachowski per "Matrix".
  • "Sword art online" - Altro anime, anche se successivo. Ad ogni modo, è un altra pietra miliare del genere, con i protagonisti che, tramite visore VR, vengono proiettati in un videogioco e ne restano intrappolati. L'unico modo per uscirne sarà terminarlo vincendo il boss finale...
  • "Hunger games" - Il protagonista che viene seguito in diretta da spettatori ed autori. "Questo ragazzo sta rovinando il gioco...". Oltre ai riferimenti a "The Truman Show" e a "Ready player one", il gioco, le scommesse, la telecronaca, sono chiaramente tratti dalla serie "Hunger games" in cui c'erano esattamente gli stessi elementi.
  • "The divergent series" - Gli spettatori "virtuali" che assistono da vicino, ma "esternamente" a tutto ciò che fa il protagonista. Se anche era un elemento di "Hunger games", sicuramente è un concetto che non manca neanche nella serie di "Divergent".
  • "Guns akimbo" - Una chicca recente con Daniel Radcliffe. Un film indipendente, forse anche "di nicchia", che non è neanche stato distribuito nelle sale cinematografiche (a parte solo in Nuova Zelanda). Il protagonista viene coinvolto in un gioco/reality-show, ed ogni suo movimento viene trasmesso in tv e seguìto da migliaia di spettatori. Non è in VR, ma c'è sempre il concetto del reality show, del mostrare e spettacolarizzare la vita dei protagonisti (in questo caso a loro insaputa come in "The Truman Show", ma il concetto è lo stesso).
  • "Inception" - I palazzi virtuali, la realtà costruita e demolita...
  • "Deadpool" - Alcune scene, il rallenty, la noncuranza con cui il protagonista si rapporta ad ogni cosa che gli capita intorno... Tutto "sembra" copiato dalla trashata supereroistica in cui del resto recitava lo stesso protagonista: Ryan Rainolds... Da notare, inoltre, che alla sceneggiatura c'è anche Zak Penn, già sceneggiatore in altri film supereroistici (un paio di X-Men e "The Avengers") ma anche di "Ready player one"... Evidentemente gli era talmente piaciuto il concetto che lo ha voluto riprendere paro paro per risparmiare la fatica di creare qualcosa di nuovo... Sostanzialmente ha proiettato Deadpool in "Ready player one".
  • "Ralph Spaccatutto" - I personaggi all'interno di un videogioco che si "relazionano" col mondo esterno...

Questi i principali film che vengono in mente, ma non è escluso che ce ne siano anche altri da cui si è rubato qualche elemento o qualche gag e che ci è sfuggita o non è stata mostrata nel trailer.

Insomma, la sintesi resta abbastanza evidente: uno sciacallaggio effettuato per sfruttare elementi di successo, riadattandoli in una commedia trash, in cui il protagonista come al solito è un "americano" noncurante di qualsiasi cosa gli accada intorno, che reagisce sempre come se fosse uno spettatore, senza quel coinvolgimento non distaccato che dovrebbe avere chi vive gli eventi in prima persona.

Ovviamente non è il primo caso del genere, ma si aggiunge ad un elenco che purtroppo si sta affermando in questi anni. Volendo fare un elenco di questa "serie", troviamo: "Pixels" (2015), i due sequel di Jumanji (2017 e 2019, anche se il concept li rendono in parte giustificabili), e ora questo "Free guy" (2021). Praticamente almeno uno ogni due anni.

Avendo visto che vanno tanto di moda i videogiochi, prendono elementi di film sulla realtà virtuale e simili, ci aggiungono elementi videoludici, e li riadattano alla "cultura" di "American Pie". Trash puro.

0 stelle.

lunedì 7 giugno 2021

"Pantani" - Documentario della New Black Films

Se si è interessati allo sport, ai campioni e/o al genere documentaristico, all'interno del catalogo Amazon si può trovare quello che probabilmente è uno dei peggiori documentari della storia. Quello dedicato a Marco Pantani.

Si tratta del documentario "Pantani, The Accidental Death of a Cyclist" diretto da James Erskine e prodotto dalla britannica New Black Films.

Un'ora e mezza quasi del tutto sprecata: le uniche cose buone sono alcune immagini e interviste di repertorio e qualche elemento biografico che forse si è stati costretti ad inserire per giustificare il titolo...

Per il resto, non viene ripercorso molto della biografia del Pirata, non vengono raccontate le tappe vinte, i boicottaggi, le ricadute e i tentativi di riprendersi, la solitudine di Pantani abbandonato da tutti... Ma andiamo con ordine, per rendere bene l'idea di cosa ci si ritrova davanti:

  • Innanzitutto, decine e decine di secondi di montagne, picchi estremi, innevati, nuvole nel cielo che si spostano dietro qualche picco... In un film di un'ora e mezza, svariati minuti si perdono così, senza parole e senza immagini legate al ciclismo... Montagne a caso per allungare la durata...
  • Si passa poi all'infarinatura sul ciclismo e su Indurain. Viene spiegato praticamente cos'è il ciclismo, che situazione c'era nei primi anni '90, chi era Indurain. C'è anche una specie di spot pubblicitario del Tour de France, accennando al 3° posto ottenuto da Pantani nel 1994. Idee a caso buttate nel calderone...
  • Solo a questo punto si passa a parlare di Pantani, ripartendo dalla sua infanzia. Circa un quarto d'ora sprecato in una specie di introduzione del ciclismo, dilungandosi su cose che per un documentario serio sarebbero bastati due minuti, e senza immagini inutili di montagne.
  • Ripercorrendo l'infanzia di Pantani, vengono montate immagini di repertorio, interviste dell'epoca e interviste successive di parenti e conoscenti che ricordano i vari momenti. Il tutto, ovviamente, spezzando ogni frase con lunghe pause inframmezzate con altrettanto lunghi segmenti muti di gare non precisate e non raccontate. E naturalmente si sente proprio il vuoto audio che si crea ogni volta che le frasi vengono spezzate. Uno stratagemma chiaramente per far durare di più un documentario con poche idee e poca voglia di raccontare, ma che si deve riuscire a far arrivare comunque ad un'ora e mezza (1:30 esatti, stranamente...).
  • Si racconta rapidamente il podio al Tour del 1994 e il terribile incidente del 1995 con cui rischiò la vita e/o la carriera, ma da cui riuscì a riprendersi.
  • Il Pirata: "E' sempre stato Pirata, gli faceva piacere...". Nessun accenno al perché veniva chiamato "Pirata". Prima ancora del suo ritorno dopo l'incidente, vengono mostrate le foto dei festeggiamenti degli anni successivi, parlando del personaggio "entrato nella leggenda". Ma fino a questo momento non si è raccontato praticamente niente, e non c'è stato nessun accenno alla bandana, all'usanza di gettarla nel momento decisivo, ecc. Il regista sembra proprio non conoscere il ciclismo né Pantani, e sembra anche non essersi informato più di tanto. Pare il compitino di scuola dell'ultimo della classe...
  • La vittoria del Giro d'Italia 1998 viene "raccontato" in circa due minuti. Soltanto due minuti per raccontare una delle principali imprese della sua carriera... Senza mostrare praticamente niente delle scalate, gli scatti, le rimonte... Soltanto due minuti...!
  • Si passa al Tour de France 1998, raccontato più che altro parlando dello scandalo anti-doping con esclusione della squadra Festina, la storia del doping nel ciclismo (con le morti drammatiche che hanno fatto sollevare il problema) e l'impegno di Pantani nel difendere i ciclisti esponendosi in prima persona. Vengono finalmente montate anche delle immagini di gara, mostrando l'impresa di Pantani nella 18^ tappa, non molto di più. Con ampio utilizzo di immagini di repertorio senza neanche commento.
  • Per raccontare il 1999, viene spiegato innanzitutto l'Epo, e ci può stare.
  • Vengono mostrate le immagini della rimonta della 15^ tappa, un'impresa mozzafiato, riassunta con la frase "Non era semplice maestria, era umiliare i suoi rivali"... Nessun accenno al fatto che tutti i ciclisti avevano voluto approfittare del problema tecnico di Pantani per lasciarlo indietro (quando invece di solito in questi casi si aspetta la maglia rosa per non sfruttare un problema non dovuto al ciclista, come successe anni dopo ad Armstrong in un Tour) e che Pantani recuperò tutti e li distaccò in risposta alla mancanza di rispetto dimostratagli in quell'occasione.
  • E si arriva quindi alla sua esclusione dal Giro. Uno dei più grandi scandali dello sport mondiale. Il documentario prosegue approfondendo il periodo di crisi successiva a questa ingiustizia, il ricorso alla cocaina, i commenti negativi della gente, l'umiliazione e la depressione...
  • Viene accennato al complotto che ha portato alla sua esclusione, ma viene un pò lasciato sul vago, come se fosse solo una voce. Solo un accenno alle irregolarità con cui è stato fatto il prelievo, neanche un accenno invece a quanto fosse facile alterare i campioni da analizzare, al fatto che tutta la procedura era stata attuata in modo irregolare al punto che si sarebbe potuto anche richiedere istantaneamente l'annullamento della decisione di escluderlo...
  • Si passa rapidamente al 2000, quando Pantani sembra tornare. La vittoria di Pantani su Armstrong, con l'immancabile accenno sulla falsa voce secondo cui Armstrong avesse lasciato vincere Pantani. Un altro breve accenno sulla tappa successiva, in cui nuovamente Pantani vinse. Dopodiché c'è l'abbandono improvviso di Pantani per problemi intestinali.
  • Il racconto torna rapidamente sullo scandalo doping, così si giunge ad alcune delle peggiori frasi che si possano inserire, trascurando quindi tutte le analisi che dimostrarono il non utilizzo di sostanze dopanti da parte di Pantani. Il documentario invece dice: "Il doping ha impedito a Pantani di ottenere buoni risultati in modo naturale, perché è stato costretto"... E aggiunge anche che "...gli atleti sono uno strumento del sistema", "...gli portò grande successo, ma alla fine lo condusse alla rovina". Sostanzialmente dice che era dopato perché il sistema lo richiedeva... Praticamente nega tutto ciò che è emerso da tutte le analisi e le indagini di tutti gli anni successivi...!
  • Oltre alla guerra al doping, si parla nuovamente della cocaina assunta da Pantani, quindi mandando il messaggio che Pantani sia morto per droga, negando praticamente la realtà dei fatti e trascurando completamente le indagini, le prove modificate o non raccolte, le incongruenze, le testimonianze...

Insomma, un documentario su Pantani che mostra ben poco del campione, che non racconta quasi niente dei fatti reali e che invece sembra solo diffamare Pantani facendolo passare per un dopato morto per droga...

Se non è stato commissionato apposta per diffamare, si direbbe che sia un documentario di un incompetente, che non sembra conoscere molto del ciclismo e di Pantani, e che finisce solo per diffamare un campione (più o meno volutamente). Tipico di un certo giornalismo anglosassone scandalistico il cui massimo esponente si può individuare in Martin Bashir, responsabile prima della fine dei rapporti tra Lady Diana e la famiglia reale (evento tornato alle cronache proprio di recente, con la sentenza secondo cui la BBC «è venuta meno agli standard di integrità e trasparenza»), e poi del crollo di immagine di Michael Jackson nel 2003 e conseguente processo (potrebbe essere intentata anche in questo caso una nuova causa contro il giornalista per possibili manipolazioni fatte ad arte per mettere in cattiva luce il cantante, oltre al fatto che il montato e il commento del documentario era già stato dimostrato essere appositamente scandalistico per far apparire Jackson come una persona inquietante e tagliando i segmenti che non facevano comodo a quella versione).

Insomma, il classico stile delle immagini manipolate, verità non dette, frasi montate ad arte per screditare.

Uno dei peggiori documentari della storia.

Giudizio: 0 stelle.

 

PS: se si vuole qualcosa di più sensato, un documentario serio è "Il caso Pantani - L'omicidio di un campione", che ricostruisce e spiega esattamente i due momenti chiave della morte di Pantani (prima quella morale nel 1999, poi l'assassinio fisico del 2004).